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Al Serraj ed Erdogan si preparano a dettare le regole in Libia

Di Kevin Gerry Cafà


La sconfitta del generale Khalifa Haftar in Tripolitania è stato il preludio al crollo delle sue ambizioni nel paese e al consolidamento di un asse quello formato da Russia-Turchia che per diversi mesi ha dominato le vicende legate alla Libia. A giudicare dalla manovre turche a largo delle coste libiche e l'azione dei jet russi nella base di Jufra, i due leader pare siano pronti a spartirsi le aree del paese soggetto ad una lunga serie di negoziati e summit internazionali che non hanno portato i risultati auspicati in termini di risoluzione pacifica delle controversie. Come accennato nei mesi scorsi, molto dipenderà dalla posizione che la Turchia deciderà di assumere nelle prossime settimane, visto che la stipulazione del Memorandum d'intesa per la creazione di una zona economica speciale e l'azione militare turco a sostegno di Al Serraj sono due fattori che collocano la Turchia in una posizione di vantaggio dal punto di vista negoziale: aspetto che influirà fortemente sul prossimo disegno politico a cui sarà soggetta la Libia, visto l'ennesimo riconoscimento ottenuto da Tripoli nelle scorse ore. Su questo punto, molto contestato da alcuni paesi europei, Al Serraj ha ribadito il diritto della Libia di concludere accordi di qualunque genere con qualsiasi paese desideri e conformi al diritto internazionale. E' chiaro che Tripoli, la Turchia è stato il braccio armato del Governo di Accordo Nazionale della Libia, nonché una presenza militare in grado di far indietreggiare le milizie del generale Haftar.


"Vorrei sottolineare il forte apprezzamento e la profonda gratitudine da parte nostra nei confronti della Turchia, esemplare nell'intraprendere misure concrete contro l’aggressione"

Da questo quadro, il generale Haftar rischia di rimanere fuori da qualsiasi decisione futura sul paese. In questa fase, la figura del leader della Cirenaica appare parecchio ridimensionata non solo per le sconfitte militari ma per la sua continua chiamata alle armi sostenuta da Arabia Saudita, Emirati Arabi ed Egitto. Nella sua intervista a Repubblica, Al Serraj ha posto l'accento sulle parole dell’ex inviato speciale dell’Onu Ghassan Salamé, in relazione al fatto che alcuni paesi hanno sostenuto Haftar, fornendogli armi e altri generi di assistenza militare per più di quattro anni, in esplicita violazione dell’embargo stabilito qualche mese prima. Agli insuccessi del generale, si aggiunge il fallimento dell'iniziativa del presidente Al-Sisi che aveva proposto anche lo smantellamento delle milizie e la consegna delle loro armi all'esercito nazionale libico guidato dallo stesso Haftar sulla base di quanto stabilito dal vertice di Berlino dello scorso gennaio, e la volontà di Mosca di rinegoziare il ruolo del generale Haftar nel paese. Infatti, la Russia sembra intenzionata ad escludere il leader della Cirenaica dallo schema politico che andrebbe a configurarsi in Libia, in virtù anche della forte presa di posizione di Al Serraj, secondo cui avrebbe incentivato e alimentato l’attività terroristica ovunque in Libia con effetto destabilizzante. Da qui, anche Erdogan ha sottolineato in più occasioni che "una persona che minaccia costantemente il futuro della Libia non può più avere un diritto di rappresentanza per sedersi sul tavolo delle trattative". Per questo motivo, Mosca potrebbe virare verso una figura gestibile per partecipare all'iniziativa per la soluzione della crisi libica, che prevede la presenza dei rappresentanti provenienti da tutta la Libia: un Forum libico per lavorare ad una transizione politica che comprenda norme costituzionali adeguate in grado di garantire delle elezioni parlamentari e presidenziali, come precisato dallo stesso Al Serraj.


"Il Forum opererà con l’obiettivo di stabilire meccanismi per la decentralizzazione amministrativa, l’utilizzo ottimale delle risorse finanziarie in generale e un piano di sviluppo equo ed esaustivo per tutte le regioni della Libia, garantendo al contempo trasparenza e buon governo"

Valori occidentali e partner europei


Il percorso di ricostruzione del paese include la necessità di un forte coinvolgimento di tutti gli Stati membri dell’Onu in una vicenda che può essere considerata come una delle priorità nel periodo post-pandemia. Fino a questo punto, l’impressione che si ha è che l’Europa sia sempre un passo indietro rispetto a quanto accade nel paese nordafricano: rimasta ferma all'embargo quasi mai rispettato da entrambe le parti ai 55 punti condivisi dai paesi seduti al tavolo dei negoziati nel corso del Congresso di Berlino. Nella capitale tedesca, i due leader libici Fayez Al Sarraj e Khalifa Haftar non hanno avuto nessun contatto e hanno atteso l'esito del summit con le rispettive delegazioni. L'Europa ha sempre dimostrato di avere delle difficoltà nel rapporto con la Turchia, che negli anni ha assunto una posizione di netto vantaggio nella gestione di alcune vicende in cui le intenzioni di questi due attori si sono spesso incrociate. Di certo, servirà qualcosa in più per cercare di allentare la morsa di Erdogan sulla questione libica, in virtù dell'impegno militare sostenuto dall'esercito turco che potrebbe dettare le regole insieme all'alleato russo. Molte di queste valutazioni passano per il disimpegno parziale degli USA in Libia. Anche se i colloqui telefonici avvenuti la scorsa settimana tra Trump e Erdogan sul dossier libico, potrebbero tradursi in un nuovo impegno degli Stati Uniti anche nella ricostruzione istituzionale della Libia, considerando che la Turchia rimane sempre il partner principale degli Stati Uniti nella Nato.




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