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Armenia e Azerbaigian non sono gli unici protagonisti nel Nagorno Karabakh

Solo una cosa accomuna armeni e azeri: essere entrambi sul pianerottolo dell’Europa, cioè un metro oltre la soglia che li vuole per alcune cose dentro il Vecchio Continente, per molte altre fuori. Sono le parole che Gianpiero Venturi ha utilizzato qualche anno fa in suo articolo per descrivere Armenia e Azerbaigian. Il conflitto tra questi due attori per l'area contesa del Nagorno-Karabakh ha sempre dato la sensazione di poter riesplodere da un momento all'altro. Nonostante un cessate il fuoco imposto nel 1994 e svariati tentativi di pacificazione – quasi tutti falliti –, gli scontri armati lungo il confine non sono mai cessati, causando crescenti tensioni tra i due paesi. Negli ultimi anni, la diatriba armeno-azero ha visto un progressivo aumento dell'escalation di violenza, che ha raggiunto il suo apice nella guerra dei quattro giorni dello scorso aprile 2016, con centinaia di morti da entrambe le parti.


Ad oggi, per ragioni dettate prettamente da motivi politici ed economici, la repubblica del Nagorno Karabakh-Artsakh non ha ancora avuto un riconoscimento ufficiale da un stato membro delle Nazioni Unite. Neppure l'Armenia ha compiuto questo passo. Anche se il primo ministro armeno Nikol Pashinyan

sta valutando la possibilità di riconoscere l'indipendenza del Nagorno-Karabakh. E' necessario sottolineare che non si tratta di un conflitto tra religioni. Sia l’Azerbaigian che l’Armenia intrattengono relazioni con paesi di diversa religione. L’Azerbaigian è storicamente un paese in cui l’Islam convive pacificamente con le altre religioni, incluso il Cristianesimo e la sua costituzione favorisce la libertà di culto. L’Armenia cristiana, invece, intrattiene una stretta relazione con l’Iran sciita e con Mosca. Se Analizziamo gli eventi viene da chiedersi se le continue tensioni, accuse e violazioni del cessate il fuoco porteranno ad un ulteriore conflitto. In passato, l'esito del conflitto è stato la perdita da parte di Baku del 20% del proprio territorio nazionale, ossia il Nagorno-Karabakh e sette distretti limitrofi, la conseguente generazione di sfollati e rifugiati nella regione e l’isolamento regionale da parte dell’Armenia che ha dovuto guardare alla Federazione Russa rimanendo vincolata all'economia ed alla politica di Mosca.


I principi del diritto internazionale da applicare ai conflitti


Il Nagorno-Karabakh si deve considerare come un componente originario della Repubblica azera. Secondo il principio dell'uti possidetis, i confini della Repubblica socialista sovietica azera, dentro i quali era incluso il territorio del Nagorno-Karabakh, sono stati riconfermati per quanto riguarda l'attuale Repubblica azera. Questo argomento è coerente con la visione delle organizzazioni internazionali, come l'ONU e l'OSCE, che affermano che la provincia separatista sia una componente territoriale originaria dell'Azerbaigian. Oltre al principio dell'uti possidetis, vi sono altri principi giuridici applicabili alla disputa del Nagorno-Karabakh. Il primo qui considerato è quello riguardante l'inviolabilità delle frontiere, stabilito nell'Atto Finale della CSCE, oggi OCSE, nel 1975, da non confondere con la norma sull'immutabilità dei confini nazionali. Infatti, il principio stabilisce diversamente che i confini di uno Stato non possono essere cambiati mediante l'uso della forza. La seconda norma riguarda invece il “divieto di aggressione e l'invalidità delle acquisizioni territoriali derivanti dall'uso della forza” che nel diritto internazionale rappresenta una norma imperativa. L'art. 5, par. 3, contenuto nella risoluzione dell'Assemblea Generale dell'ONU riguardante la designazione di aggressione stabilisce tale principio, facente parte del diritto internazionale consuetudinario. L'articolo afferma che nessuna acquisizione territoriale risultante da un'aggressione dev'essere riconosciuta come conforme alla legge. Inoltre, è opportuno sottolineare che durante l'occupatio bellica, l'occupante non ha il diritto di annettere la parte di territorio che ha occupato, così come le conquiste territoriali effettuate vengono annullate.


Cosa sta succedendo


Tra i due Stati è tornata altissima la tensione, mai sopita dagli anni ’90, da quando la rivendicazione da entrambe le parti del territorio Nagorno-Karabakh ha trasformato questa regione ex-sovietica in un luogo di violenze. Se prendiamo in considerazione le cronache di qualche giorno fa, l’Azerbaigian ha condotto una grande controffensiva nei confronti dei separatisti armeni della regione contesa, i quali dichiarano di aver a loro volta attaccato l’esercito nemico. La nazione azera avrebbe inoltre dichiarato di voler porre fine alle attività militari dell’Armenia, con l’obiettivo di garantire la sicurezza della popolazione civile. Naturalmente, come ogni conflitto che si rispetti, altri attori internazionali operano sotto mentite spoglie e godono di un forte potere di indirizzo in ambito militare.


Di conseguenza, la Russia ha esortato la Turchia a lavorare per porre fine agli scontri mortali nella regione del Nagorno-Karabakh, poiché Ankara ha fornito il suo sostegno all'Azerbaigian. L'Armenia ha accusato la Turchia di aver inviato mercenari a sostenere l'Azerbaigian, suo stretto alleato, un'accusa che Ankara nega. La Turchia e l'Armenia hanno legami estremamente tesi. La Russia fa parte di un'alleanza militare degli ex stati sovietici che include l'Armenia e ha una base militare lì. L'appello di Mosca è arrivato dopo che lunedì il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha chiesto all'Armenia di porre fine alla sua occupazione del Nagorno-Karabakh e di lasciare il territorio, internazionalmente riconosciuto come parte dell'Azerbaigian. La Nato e l'UE hanno chiesto alle parti in guerra di raggiungere un cessate il fuoco. L'Azerbaigian ospita un gasdotto che trasporta il gas in Turchia e poi in Europa, una rotta vista da Bruxelles come un'alternativa fondamentale alle forniture di gas dalla Russia.


Eppure potrebbe essere diverso. È bello pensare che se il governo turco avesse un atteggiamento diverso nei confronti del genocidio armeno, l’Armenia avrebbe potuto ritagliarsi un ruolo importante all'interno dello scacchiere internazionale. Come altre simili contese territoriali, il problema del Nagorno Karabakh non sembra essere facilmente e rapidamente risolvibile, data la distanza che separa le posizioni dei due contendenti, entrambi diffidenti nei confronti della controparte. Il negoziato politico dovrebbe concentrarsi su un qui pro quo incentrato sul riconoscimento della sovranità azerbaigiana sul Nagorno-Karabakh e sulla restituzione dei territori occupati in cambio della concessione di uno status di autonomia del Nagorno che potrebbe essere negoziata con l’Armenia.


Fonti:

Studio sul diritto internazionale umanitario consuetudinario:

un contributo per comprendere e rispettare le norme del diritto dei conflitti armati


29 settembre 2020


Il conflitto nel Nagorno Karabakh e il diritto internazionale di Natalino Ronzitti

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