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I ragazzi di Gezi Park

Immagine del redattore: Politicose Politicose

Di Kevin Gerry Cafà


Nel corso dello studio e l'analisi delle vicende collegate alla Repubblica di Turchia ai tempi di Recep Tayyip Erdogan, capita raramente di imbattersi in circostanze in cui la leadership del presidente venga messa in discussione. Il 28 Maggio del 2013 è uno di quei giorni in cui l’immagine del Reis agli occhi del popolo turco subì un duro colpo. Non si trattò della protesta organizzata da alcuni esponenti o membri di un partito di opposizione ma da semplici ragazzi.


Quel giorno le forze dell’ordine turche decisero di intervenire con la forza contro l'occupazione abusiva dei manifestanti utilizzando gas lacrimogeni e idranti. La manifestazione comprendeva solo un gruppo di giovani ambientalisti, i quali decisero di occupare il parco di Gezi situato in Piazza Taksim - collocato nella parte occidentale della città di Istanbul -, in seguito alla notizia dell’abbattimento degli alberi del parco in favore della costruzione di un nuovo centro commerciale e di una moschea.


È importante sottolineare che Piazza Taksim è la meta giornaliera di tantissimi giovani turchi e ed è il luogo dell’eredità di Mustafa Kemal. Esso, infatti, è stato costruito durante il governo della prima repubblica seguendo gli stili occidentali, presenta una delle più grandi statue raffiguranti Atatürk e in tutto il quartiere non sono presenti moschee.

La stampa vicina ad Erdoğan tentò di oscurare la notizia, ma proprio questo goffo tentativo fece sì che i social network avessero un'eco ancora maggiore sia a livello nazionale che internazionale. Le opposizioni si compattarono e condannarono fortemente l'azione del governo, spingendo la popolazione ad insorgere in ogni angolo del Paese.


"Se loro riuniranno 20 persone io ne raccoglierò 200 mila. Se loro ne riuniranno 100 mila, io ne avrò un milione dalla mia parte". Recep Tayyip Erdogan

La copertura massmediatica di quella che stava accadendo a Istanbul e in molti angoli della Turchia era del tutto assente, i media dibattevano sull'Egitto e sulla Siria, mentre i bulldozer che abbattevano alberi per far posto al terzo ponte sul Bosforo.


Il modello di protesta pacifica di Gezi Park


Gezi Park è un parco che prosegue nello spirito della condivisione di momenti, scambio di idee e luogo di sperimentazione di nuove forme di comunicazione e democrazia. I manifestanti bloccano le strade di accesso al parco erigendo delle barricate. E tra gli alberi crescono le tende. I ragazzi si accampano e si autogestiscono. L’organizzazione è impeccabile. I manifestanti stampano persino una mappa della zona con i punti di ristoro, la farmacia, i pronto soccorso e i centri di coordinamento dove si distribuiscono tende, sapone e dentifrici. C’è chi ha appoggiato uno specchio su un albero per ogni evenienza e gli alberghi circostanti solidarizzano mettendo a disposizione bagni e docce. Per chi vuole leggere c’è una biblioteca, fatta con i libri portati dai manifestanti e un mercatino dove si lascia e si prende quello che si vuole. I ragazzi hanno messo su anche un museo che racconta la rivolta attraverso le immagini più significative. Per il tempo libero ci sono le lezioni di yoga e i corsi di meditazione, chi ha bambini può lasciarli al baby club: una tenda ampia dove si disegna su un grande lenzuolo. Agli studenti universitari vengono distribuiti gratis i libri su cui dovranno fare gli esami. Insomma, nulla viene lasciato al caso.

Rari momenti di opposizione al Reis


Dal 14 Giugno, il sabato dello sgombero del Gezi Park, oltre all'intensificazione della censura e dei controlli, il governo di Erdogan non ha fatto alcuna concessione ai manifestanti. La protesta venne spazzata via da una violenta repressione armata del governo dell’AKP, trasformando la piazza in una terra arida e desolata. I giovani non hanno opposto alcuna resistenza come avevano annunciato. Sulla piazza e molte zone di Istanbul rimasero 9 morti e oltre 8mila feriti. Lo scorso 18 febbraio, il tribunale di Silivri di Istanbul ha assolto tutti gli imputati nel processo contro alcune delle figure di maggior spicco delle proteste di GeziPark del 2013. Tra questi anche il noto imprenditore e filantropo turco Osman Kavala, in carcerazione preventiva da oltre due anni, che rischiava l’ergastolo.


Tra i tanti insegnamenti che Gezi Park aveva impartito è che nonostante ci fosse un clima di massima tensione, caratterizzato da sistematiche violazioni dei diritti umani da parte del governo turco. La protesta di quei ragazzi che per 19 giorni hanno tenuto testa al governo, rappresentava la prima forma di opposizione ad un governo che da parecchi anni governa indisturbato il paese.

A qualche analista politico, non sarà sfuggito il fatto che una volta terminata la protesta, non si sia formato alcun tipo di partito o movimento che potesse contrastare Erdogan anche dal punto di vista elettorale. L’unica mossa fu quella di schierarsi dalla parte di Mustafa Sarigul, il candidato del CHP: il Partito Popolare Repubblicano turco che adesso con Ekrem İmamoglu governa la città. Sicuramente, le proteste di Gezi Park hanno messo in evidenza la necessità di un’opposizione seria ad Erdogan, poiché quando la spazio della politica si chiude si apre quello della piazza. Le ragazze e i ragazzi coinvolti nei fatti di Gezi Park rimarrano sempre i testimoni oculari della deriva autoritaria che il paese stava attraversando in quel periodo storico.



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