Il governo di estrema destra italiano ha scelto di portare avanti il progetto di riforma costituzionale del premierato. Dimentico del fatto che la metà degli italiani non lo ha votato e che della restante metà, un ulteriore metà ha votato partiti oggi seduti all’opposizione.
Un pugno di deputati, prosciugati di senso e significato in senso stretto, avvinti ai loro leader di partito: Meloni-Salvini e le prebende che ancorano i deputati di Forza Italia al tesoretto di Berlusconi. Una minoranza, che costituisce la nervatura più solita del governo Meloni (cioè, i neofascisti di Fratelli d’Italia, un ordine enorme e silenzioso, ma non per questo meno pericoloso) sta trascinando la nostra malferma democrazia verso un governo orbaniano: una democratura o democrazia illiberale.
I conservatori, lo diciamo agli italiani ignavi, non hanno mai nascosto il desiderio di cambiare le regole sul tavolo da gioco democratico: elezioni sì ma nel segno di maggioranze bulgare e senza dissenso, diritti civili ritagliati su stereotipi familiari di ideali romantici che pensavamo appartenere al dimenticatoio di fine XX secolo.
Invece siamo nel neonato XXI secolo e un gruppuscolo di intellighentia fascista che non si nasconde ma si aggira tra i ministeri, ha deciso di proseguire sulla via della distruzione dall’interno, dell’apparato statale. Mentre in avanscoperta ci sono i ridicoli, disperati tentativi di Matteo Salvini di reggersi in piedi nella partita politica mentre i suoi “alleati” disintegrano ciò che si erge a baluardo della democrazia italiana.
Al premierato stanno contribuendo ovviamente anche gli astenuti, la mancanza totale di interesse verso la politica di ampie fasce di popolazione, addomesticate dopo trent’anni di berlusconismo. Contribuiscono a questo clima di resa totale della democrazia, a cui aspirano i capo rioni di Fratelli d’Italia come Rastrelli, Lollobrigida, Bignami, Foti, anche le forze di centro sinistra, che in questi anni non hanno saputo e voluto vedere i sintomi di una crisi seria di consenso non verso i partititi, da parte degli italiani, ma verso la democrazia stessa.
Uno stato in cui milioni di persone abboccano alle favole dei governi non eletti da nessuno, alle mistificazioni scritte sui giornali da improbabili giornalisti, sarebbe meglio definirli segugi del potere come Italo Bocchino, è uno stato che ha scelto di non continuare la corsa.
Uno stato in cui milioni di persone credono di avere più potere nel delegarlo a maggioranze bulgare senza soluzioni, in uno stato indebitato e con un welfare state che rischia il collasso, è uno stato che ha scelto nuove forme di rappresentanza. D’altronde quello che il fascismo ci ha insegnato è che la democrazia né è imperitura né che sia l’ultima forma di governo di uno stato che la raggiunge.
Il referendum dove gli italiani saranno chiamati a votare potrebbe essere l’ultimo afflato di democrazia rappresentativa. A questo si giunge cento anni dopo l’uccisione di Matteotti, a ciò si giunge per non aver fatto pulizia e giustizia di tutti i quadri di potere fascisti: dalla magistratura all’esercito, dalla politica alle prefetture. A loro è bastato un secolo per tentare di riprendersi ciò che con la morte e le violenze usurparono nel 1922.
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