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La fragilità dei conservatori europei

Immagine del redattore: Mauro SpinaMauro Spina

Di Mauro Spina


In questi giorni milioni di europei sono incollati davanti agli schermi per le partite degli europei, mentre un’altra partita viene combattuta negli scranni del potere dell’Europarlamento: è il momento delle nomine che comporranno gli organi direttivi del nuovo parlamento europeo eletto quest’anno.

La maggioranza uscente si è rivista confermare e quindi è possibile che si riproponga una coalizione mista tra popolari, socialisti e liberali europei. Per le nomine si è parlato di Von Der Layen (PPE-Popolari) Antonio Costa (ex premier portoghese-Socialista) e Kaja Kallas (ex premier estone esponente dei Liberali). Questo trio dovrebbe assestare ad ogni forza un suo ruolo come è sempre stato, espungendo nuovamente conservatori e estremisti di destra.

Chi esce puntuta dal suo esperimento di ibridare dall’interno i Popolari Europei è sicuramente l’attuale figura di riferimento di tutta la destra europea: Giorgia Meloni, premier italiana e leader del partito nostrano Fratelli d’Italia.

Ai conservatori non andrà sicuramente nulla di rilevante (d’altronde come potrebbe essere il contrario visto che non appoggiano nemmeno il nuovo esecutivo) e il tentativo di strappo tentato dalla Meloni potrebbe ridurre anche la rappresentanza italiana in seno ai nuovi organi europei. Tutto ciò che la Meloni è sicuramente riuscita ad ottenere in realtà è un desiderio neanche tanto osteggiato dai tedeschi in Europa: rallentare il Green Deal.

Ecco il piano, la tattica e i risultati che queste settimane stanno lasciando sul tavolo della premier, che in queste ore cerca di ripulire il suo partito dalle eco fasciste delle sue giovanili, ne hanno parlato il portavoce alla Camera, e addirittura il presidente del Senato in barba alla sua terzietà. Insomma, in Europa sanno benissimo che Giorgia Meloni non vuole costruire nessun argine tra sé e i movimenti estremisti, xenofobi, euroscettici vicini alla Russia. E di conseguenza la sua manovra neanche tanto mascherata l’ha lasciata per ora, scottata. Se poi, è necessario esultare sul rallentamento del contrasto ai cambiamenti climatici questo lo si lascia alla libera interpretazione di ciascuno.

Resta da vedere come evolverà la ferocia del governo Meloni dopo questo smacco nei prossimi mesi: le alternative sono sostanzialmente due. La prima vede la premier staccarsi definitivamente dai popolari per raccogliere lo scettro dell’estrema destra europea, con buona pace dei popolari che ancora una volta dimostrerebbero quanto miopi sono le elites borghesi europee in fatto di apparentamenti.

La seconda, porterebbe la premier ad un rafforzamento in seno al movimento popolare, con un addolcimento anche della postura nazionale e internazionale del governo su cui tutta l’Europa osserva. E magari arriverà anche la firma al Mes, visto che siamo l’unico stato in vergognosa procrastinazione della firma, ostaggio delle menti ottenebrate dell’establishment leghista.

La prima possibilità è sicuramente quella più appetibile per chi vive di politica e polemica da anni, la seconda un bagno di realtà nell’alveo liberale e democratico di un’Europa ferita dalle sue elezioni, barcollante ma ancora saldamente in piedi.

 

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