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La non-cultura del lavoro

Di Mauro Spina

In questi giorni il ministro del lavoro e delle politiche sociali Andrea Orlando, in carica dal 13 febbraio 2021, esponente del Partito Democratico parte dell’alleanza trasversale che sostiene il governo Draghi, è stato ferocemente attaccato da Confindustria, perché a detta di quest’ultima, avrebbe violato gli accordi cercando di procrastinare il blocco dei licenziamenti fino a fine agosto, blocco che in realtà verrà rimosso alla fine di giugno. Da luglio scatterà la cassa integrazione gratuita per i lavoratori che verranno licenziati e per le aziende che sceglieranno di ridimensionare gli organici a seguito della crisi lavorativa ed economica scaturitasi dalla pandemia di Sars-Cov19.

Il peso politico che Confindustria ha sul governo segnala la debolezza di quest’ultimo nei confronti di un’associazione che in questi ultimi mesi ha più volte dimostrato di voler accelerare la ripresa a scapito dei diritto del lavoro e dei lavoratori. Il rapporto coi sindacati si è fatto sempre più conflittuale, con due sole anime di governo a cercare una mediazione reale che non pesi eccessivamente sui lavoratori, su chi materialmente rischia di essere licenziato e sacrificato all’altare della ripresa economica.

Le parti governative interessate ad un rapporto più bilanciato con Confindustria sono il Movimento5Stelle (mai apprezzato dai vertici delle grosse imprese italiane), col ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Stefano Patuanelli che negli ultimi giorni ha difeso e rivendicato la scelta del ministro Orlando, e da una parte del Partito Democratico (esclusa la corrente centrista e neoliberale vicina al leader di Italia Viva, Matteo Renzi).

E’ chiaro che lo spostamento di due mesi, non avrebbe cambiato le carte in gioco sul tema lavoro, ma la forzatura extraistituzionale da parte di Confindustria evidenzia un peso ideologico e politico enorme all’interno dell’agenda lavorativa del Governo, il quale, mentre è alle prese coi tentativi di ripresa economica, riflette in questi ultimi giorni su un decreto che permetterebbe di fatto una serie di subappalti per accelerare la costruzioni o ristrutturazioni nel campo delle infrastrutture.

Come è possibile pensare che per aiutare il mondo del lavoro e delle infrastrutture, capitalizzando gli aiuti ricevuti dall’Unione Europea, serva alleggerire il corpus legislativo degli appalti? In uno Stato dove gli interessi dei privati prevalgono sempre sulle vite umane, in ordine alcuni esempi (lo studentato dell’Aquila crollato durante il sisma, il ponte Morandi e la funivia del Mottarone) che evidenziano come poco conti la vita e la salvaguardia della salute di cittadine e cittadini, lavoratrici e lavoratori, quando il controllo dello Stato si allenta o si poggia su interessi privati, i risultati sono sempre tragici.

Confindustria continua a premere sul Governo mentre la lista dei morti sul lavoro si allunga, evidenziando tutte le carenze riguardanti la materia della sicurezza sul lavoro, a carico dei proprietari di industrie e aziende, espressione della forza di Confindustria, poco o per nulla interessati a salvaguardare i luoghi di lavoro. Il profitto ubriaca il dibattito politico, con la volontà di riaprire subito e le accuse generalizzate ai giovani di non aver alcuna voglia di tornare a svolgere le mansioni stagionali, mansioni peraltro quasi mai garantite da contratti, svolte a nero e con nessuna possibilità di impiego stabile.

La progettualità che la figura di Draghi aveva in parte suggerito si è liquefatta nella pozza scura di interessi privati e lobbystici, dagli imprenditori all’alta finanza, tutti interessati a ripristinare i livelli di fatturato mentre le tematiche del lavoro sono abbandonate o villipese. Una ripresa economica che non danneggi il tessuto sociale deve necessariamente passare da tavoli di lavoro coi sindacati e associazioni di categoria, riflettendo su come garantire e conciliare il rispetto dei diritti dei lavoratori, la sacralità del lavoro coi bisogni dei corpi più elevati. Invece si discute di subappalti, casse integrazioni, sotto i ricatti e gli attacchi di Confindustria che si è perfettamente insinuata nel sistema paese, essendo pressoché rappresentata da gran parte degli articoli del Corriere della Sera, supinamente appiattiti ai declama dell’organo industriale.

La stampa generalista continua ad assegnare fiducia a questo governo che su tanti tavoli aperti, non sta dimostrando grande capacità d’azione. E fintanto che si continuerà a rispondere supinamente (come molte redazioni già fanno) alle minacce di Confindustria, c’è da aspettarsi una continua e acritica iniezione di fiducia pubblica verso il premier Mario Draghi.

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