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La politica estera secondo il Reis

Aggiornamento: 28 mag 2020

Di Kevin Gerry Cafà


Qualche giorno fa, ho letto un'analisi interessante scritta dalla dott.ssa Valeria Talbot, riguardo il mutamento della politica estera turca negli ultimi anni: da aspirante power broker nelle crisi regionali e promotrice di una politica di “zero problemi con i vicini”, a quella muscolare intrapresa in Medio Oriente e Nord Africa.


Si tratta di un chiaro riferimento al pensiero originale di Ahmet Davutoglu e alla dottrina della Profondità strategica, la quale poneva l'accento sul fatto che la Turchia possieda una profondità strategica e geografica da permetterle di poter ambire ad influenzare alcune aree del mondo molto importanti.


Nel framework delle percezioni di Davutoglu, la Nato e l’UE erano i principali elementi di continuità nella politica estera della Turchia, oltre all'applicazione di una diplomazia ritmica che prevedesse un maggiore coinvolgimento della Turchia nelle relazioni internazionali con gli altri stati.La dimissioni di Ahmet Davutoglu coincidono con un netto cambio di direzione della politica estera turca, caratterizzato dal riavvicinamento della Turchia alla Russia e l'instaurazione di un nuovo concetto di politica estera basato sulla volontà della Turchia di svolgere il ruolo di peso massimo soprattutto in Medio Oriente sfruttando alcuni accordi stipulati in passato.


Difatti, a tenere banco è la questione legata alla marcia dei migranti verso il confine greco. La decisione di Recep Tayyip Erdogan di aprire i confini del paese ai migranti intenzionati a raggiungere l’Europa, rientra di diritto tra i principi cardine della politica estera promossa dal Reis, il quale utilizza un accordo - da lui mai apprezzato - ma che permette di tenere sotto scacco l'intera comunità europea.


Come sappiamo, nel periodo dei negoziati che portarono alla firma dell'accordo del 2016 sui migranti, le due principali cariche dello stato erano in rotta di collisione: mentre Davutog

lu si è sempre mostrato favorevole a mantenere buoni rapporti con l’Ue, Erdogan ha assunto da tempo un atteggiamento meno conciliante con Bruxelles.


E' evidente che Erdogan è a caccia di un sostegno europeo in Siria per la sua causa a Idlib. Tuttavia, l'abbandono della dottrina della "profondità strategica", a favore di un interventismo nella regione, rischia di consegnare la Turchia ad uno rischio che in politica estera prende il nome di "Isolamento internazionale".

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