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Le ammistrative come banco di prova per i partiti: la Destra

Immagine del redattore: Mauro SpinaMauro Spina

Di Mauro Spina


I risultati delle amministrative permettono di avanzare delle proiezioni future circa la situazione politica italiana. Innanzitutto tutto la coalizione di destra, spostata d’asse completamente sul duopolio Salvini-Meloni ha mostrato tutti i suoi limiti. Due destre, estreme, una populista mentre l’altra nazionalista che si incontrano nel sovranismo come unico comun denominatore si annullano a vicenda. Forza Italia che negli ultimi mesi e anni ha perso lo slancio iniziale, ha semplicemente lasciato scorrere le amministrative, puntando su una logica d’azione ben strutturata: un candidato moderato, lontano dai clamori degli alleati di peso e nonostante l’inerzia, ha vinto.

Il nuovo presidente della Calabria non ha vinto solo perché la sinistra ha preferito gli interessi e le logiche di palazzo al governo di una regione martoriata, ha vinto perché aveva uno schema e non era facile, dopo la reggenza ad interim del leghista Nino Spirlì. Il centro-destra è ancora vivo e poggia sul fragile equilibrio zen attuato da Forza Italia, che si trincera, gioca in difesa e ripropone vincendo il suo gioco moderato.

Matteo Salvini è sempre più in difficoltà, con i contrasti interni nel partito solo momentaneamente sopiti dalla sconfitta a Varese (dove il candidato era un uomo di Giorgetti, principale antagonista di Salvini all’interno della Lega), il suo stile di manovra è ai limiti, restare al governo e attaccarlo dalla piazza cara al leader populista non convince più nessuno. Ma anche Giorgia Meloni si trova in difficoltà. I suoi candidati hanno perso, il tentativo di tener dentro nostalgici e moderati strappati a Forza Italia non ha pagato, entrambi i leader sovranisti pagano lo scotto di aver tentato di forzare le ideologie. Non si può ambire alla maggioranza stuzzicando contemporaneamente l’estrema destra e l’elettorato moderato di centro.

Si può prevedere una spaccatura insanabile nei tre partiti principali, le spinte centrifughe sono innumerevoli, e il blocco di centro è sempre più volto e appetibile per un leader capace di federarlo alla Manuel Macron (sogno mai domo di Matteo Renzi, anche se il più quotato sembra essere Carlo Calenda). Forza Italia e la sua leadership è sempre più insofferente, stanca di dover difendere i partner euroscettici e opportunisti in sede europea.

L’unica strada che potrà far rimanere unito il blocco di destra è la salita al Colle di Piersilvio Berlusconi. Con il leader di Forza Italia fuori dai giochi politici e anche dal mondo della politica dopo l’eventuale settennato, la Lega e Fratelli d’Italia non avranno più l’inquilino scomodo e potranno eventualmente dar vita ad un’alleanza organica a due forze, dove la Lega puntellerebbe il nord come ha sempre fatto prima che si votasse al resto della nazione e il gruppo di Fratelli d’Italia si sposterà al sud e al centro, dove con un misto di nostalgia e durezza è riuscita a scalzare Salvini dalle preferenze.

Se invece sarà Mario Draghi ad essere eletto presidente della Repubblica, allora è ipotizzabile una corsa a tre alle prossime elezioni, senza l’unità del centro destra tanto declamata, dove sia Salvini quanto Giorgia Meloni proveranno a raggiungere quella maggioranza tanto desiderata. Senza più moderazione.

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