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Racconti Alternativi

Di Mauro Spina


La salute pubblica è un argomento diventato centrale nelle agende politiche mondiali a causa della pandemia da Sars-Cov-2, partita (presumibilmente) nel dicembre 2019 dalla Cina. Per rispondere alla alta volatilità del contagio, al numero di ospedalizzazioni e di morti, i principali governi mondiali hanno attuato piani differenti.

Ci sono state misure di protezione e tutela della salute pubblica restrittive, coercitive attuate con l’ausilio delle forze militari, come avvenuto in Cina, ed un controllo blando quanto assente come in Brasile e negli Stati Uniti a guida Donald Trump.

Sono emerse le criticità di nazioni con un sistema sanitario danneggiato o non all’avanguardia per quanto riguarda la territorialità diffusa, ed è questo il caso dell’Italia, mentre altre nazioni del contesto europeo hanno reagito immediatamente isolando i contatti degli infetti evitando scenari più drammatici, per quest’ultimo caso va sottolineata la reazione alla pandemia della piccola Estonia.

La salute dei cittadini è compito primario di ogni entità statuale, qualsiasi sia la forma di governo che ne esplichi le funzioni. Il diritto alla cura può essere inteso come gratuito e accessibile a tutti, o privato e ottenibile a patto che si paghino le prestazioni ricevute in ambito ospedaliero.

L’Italia in ambito europeo possiede un sistema sanitario gratuito, dal punto di vista vaccinale ha una legislazione rigida: 10 vaccinazioni sono obbligatorie, l’unica in Europa ad averne di più è la Lettonia con 13 vaccinazioni obbligatorie.

In Europa esistono forme differenti di salute pubblica così come esistono forme diverse di utilizzare i vaccini: in questo caso il Vecchio Continente vede una divisione netta di approccio tra le nazioni della Scandinavia e del Nord Europa con un sistema di vaccinazione libero, mentre le nazioni dell’Europa Meridionale hanno una legislazione in materia vaccinale più restrittiva.

Le risposte a queste differenze possono essere cercate nello stretto rapporto che esiste con l’informazione e il grado di fiducia espresso nei confronti della scienza da parte dei cittadini. In Svezia ad esempio, nazione che ha fin da subito evitato di adoprarsi con le misure più restrittive per contenere i contagi della pandemia, (facendone da subito oggetto di accuse per molti virologi europei), non ha per questo registrato un numero inferiore alla media europea di vaccinazioni per contrastare la pandemia.

In Gran Bretagna in un primo momento, Boris Johnson aveva parlato ai suoi cittadini dei morti e del prezzo da pagare per salvaguardare l’economia dai rischi di un lockdown rigido e generalizzato. Il premier britannico è poi tornato sui suoi passi, ma questo è un altro modello d’azione che la politica adotta nei confronti della salute pubblica.

La scienza ha le sue sfere d’influenza, la politica ne ha altrettante, si intersecano in un insieme rappresentato proprio dalla salute pubblica, nei parametri inerenti il welfare state e nelle scelte che vedono uno sforzo congiunto di azione.

In Italia è mancato quello sforzo congiunto. La scienza ha agito nel suo campo, la politica ha fatto il suo restando dalla sua parte, si è scelto di mandare in prima linea medici completamente a digiuno riguardo la possibilità di interfacciarsi ad un pubblico di non scienziati e si è scavato un solco inesorabile tra chi indossa il camice bianco e chi invece non lo ha. Alle comparsate di medici, virologi trasformatisi in uomini dell’ordine, sceriffi e blastatori dai salotti generalisti, è mancato un vero contatto con i cittadini.

Il ministro della salute ha scelto la linea dell’intransigenza in continuità con i due governi Conte II e Draghi. In un paese dove la salute è pubblica si è scelto di prendere decisioni importanti senza spiegare davvero cosa stava accadendo, ai milioni di cittadini che nel tempo sono rimasti chiusi nelle proprie case, vedendo ridotte le proprie vite alle mura domestiche. E in un paese dove lo Stato si fa garante della salute pubblica, un rapporto paritario è quanto meno auspicabile, perché ad ogni azione esiste una reazione in un paese democratico.

Le piazze ostili al Green pass sono fin da subito state bollate come violente, neofasciste nei modi e nelle azioni dalla stampa nazionale, dimenticando che esistono volti e storie, iniziative e scelte che riguardano la salute pubblica che vanno in netta contrapposizione con quanto scelto dal Governo, pur senza saluti romani, assalti fascisti alla sede della CGIL e senza utilizzare come spettro d’azione la violenza.

Ed è per questo che è giusto riportare quanto si sta sviluppando al Parco Trotter di Milano. Nel Municipio 2, nel quartiere Turro un gruppo coeso di genitori rifiuta di adottare le nuove misure intraprese dal governo in maniera di contrasto della pandemia, in particolare il green pass o certificato verde, in vigore attualmente fino al 31 dicembre 2021 e indispensabile per svolgere qualsiasi attività quotidiana. Una iniziativa popolare partita dal basso che non ha nessun intento violento, nessuno dei genitori coinvolti ha simpatie nostalgiche ma esprime una sincera preoccupazione e rabbia per una misura che impedisce di espletare moltissime delle attività di tutti i giorni. Il non poter prendere i figli da scuola, nonostante la mascherina e lo scarso intervallo di tempo che passa dal recupero nell’edificio scolastico all’esterno non bastano per un’uscita in sicurezza?

Il green pass lo rende impossibile. Ed è questa una delle aporie del certificato verde, se in un luogo chiuso si può ballare senza mascherina a stretto contatto, allora si potrebbe anche poter prendere i propri figli da scuola per pochissimi minuti, con la mascherina e in piena sicurezza. Ritornando al discorso precedente, escludere dal discorso preventivo riguardante la salute i cittadini, porta ad escludere la possibilità che esistano alternative o errori compiuti nel percorso. In questo caso si applica il rigore più estremo laddove si potrebbe agire con minore aggressività e controllo.

La misura è sentita come lesiva della libertà di circolazione sancita dalla Costituzione, ed è per questo che in maniera del tutto autonoma e pacifica questo gruppo agisce e collabora affinché si riesca ad adottare anche un punto di vista alternativo a quello monolitico adottato da tutta la stampa nazionale.

Le firme raccolte nel parco non mancano ed è per questo che occorre smettere di porsi domande sbagliate. I cittadini che manifestano giuste o sbagliate si vogliano intendere le loro azioni, chiedono che gli si dia voce e la possibilità di dissentire. E non si può negare che il ministro Roberto Speranza in questi mesi, coadiuvato dal suo staff, abbia evitato questo confronto. La scienza si è trincerata dietro il suo linguaggio specialistico mentre coi cittadini è mancato il dialogo della politica che ha subito fatto bottino con le polemiche tra aperturisti e intransigenti, governisti, no vax, no mask cannibalizzando un dibattito che fin da subito avrebbe potuto avere un esito completamente diverso.

Se la salute è materia pubblica in Italia, allora è necessario che si apra una finestra di dialogo coi cittadini, che si spieghi il perché delle azioni, dei rischi e di cosa comporta la presa di posizione su determinati momenti storici. Questo, è avvenuto in paesi che hanno pagato un prezzo di vite umane più alto del nostro.

Questa forma di dialogo tra scienza, decisione politica e cittadini non è populismo. É spiegare il perché delle decisioni e sottoporle alla comunità che se ne fa interprete. Vuol dire che la politica, deve aprire un canale di dialogo coi propri cittadini ed esporre le proprie decisioni e se necessario lasciar scegliere tra una serie di opportunità, con la scienza capace di mediare il confronto tra dubbi e interessi partitici, ansie e tentativi di sfruttare la paura. Per questo vanno condannate le violenze dei violenti ma non si possono escludere le manifestazioni di pacifico dissenso delle piazze, delle piccole realtà.

Ed è per questa ragione che non si può parlare di incoscienza al Parco Trotter dove in maniera democratica che si manifesta un dissenso, una richiesta di dialogo con le istituzioni, con la scienza che consiglia i vertici dello Stato.

Anche perché si pensa che a briglie sciolte, nessuno più si vaccinerà e farà prevenzione per sé e per il prossimo. Niente di più sbagliato. La libertà di scelta accompagnata ad una scienza che sa farsi sociale, a portata di tutti anche nei temi che sembrano lontani alla comunità, porta le realtà che compongono uno Stato ad essere parte attiva di un processo d’insieme, che lega le parti, come la sanità pubblica.

Stare nel mezzo non porta vantaggi, adottare un sistema misto di paura e costrizione non è democratico né utile, perché danneggia in primis proprio l’obiettivo primario della scienza: la prevenzione e la salute pubblica.


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