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Tra amministrative e leadership: le scelte dei partiti italiani

Di Mauro Spina


Con le restrizioni atte a contrastare la pandemia che vengono meno con il calo costante della virulenza della Sars-Cov19, le due grandi aree politiche del governo hanno iniziato a lavorare, tessere relazioni, scegliere nomi, in vista delle amministrative d'autunno. Entrambe in una situazione di enorme ripensamento e difficoltà che evaporano al contatto coi media, presentandosi più forti di quanto in realtà non si è.

Il centro-destra ha un passato solido di compattezza alle amministrative, con una strategia efficace che fino ad ora ha sempre pagato, la scelta di un civico rispettabile, che sia il volto buono della corsa elettorale mentre alle sue spalle, i tre principali partiti, minuziosamente si suddividono aeree di influenza. Vista la conflittualità recente, causata dal testa a testa tra la Lega e Fratelli d'Italia (entrambi quasi a 20% di gradimento), si è cercato di organizzarsi in una federazione, una sorta di pre-accordo amministrativo reso ufficiale da una federazione tout court. Ma Piersilvio Berlusconi, leader del partito più piccolo della coalizione, Forza Italia, ha rilanciato l'idea di un nuovo Popolo della Libertà (partito unico che gli permise di vincere e stabilire il primato del governo più lungo della storia repubblicana italiana), idea subito spenta sul nascere da Matteo Salvini, che vuole profittare e capitalizzare i suoi risultati degli ultimi anni senza lasciare nulla alla figura carismatica (ma in vistosa fase calante) del Cavaliere.

Se la decisione di affidarsi ad un volto nuovo della politica mette tutti d'accordo, restano quindi da appianare frazioni e rapporti di forza interni. Sull'altro versante, quello del centro sinistra, si riflette la difficoltà di mettere d'accordo le parti nel Partito Democratico, e le varie sigle che più o meno gravitano attorno all'alveo progressista, incerte se correre o meno assieme al Movimento5Stelle. Il nuovo leader Giuseppe Conte, cerca il sostegno anche del centro moderato anche se, la presenza dei pentastellati toglie molta forza contrattuale ai notabilati locali alleati col Partito Democratico. Per cercare di mettere pace tra le parti, si ricorre alla misura delle primarie, mai davvero incisive, visto che, Roma esempio per tutte, il candidato è già stato scelto nella figura dell'ex ministro dell'Economia Roberto Gualtieri. In altri capoluoghi le sfide sono ancora aperte, ma è anche vero che la sinistra nelle amministrative è sempre arrivata in ritardo rispetto al centro destra.

Sullo sfondo il governo Draghi libero d'agire, e una situazione sempre più drammatica sul versante dei diritti dei lavoratori.

Mentre si gioca, su nomi e candidature, i lavoratori soffrono, per il peso di un diritto del lavoro sempre più eroso, e per la martellante campagna di delegittimazione di Confindustria.

A Versailles si gioca, ma nelle maggiori piazze italiane a stretto giro si voterà.

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