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Giustizia per Patrick Zaki

Di Mauro Spina


Il 2 giugno 2021 mentre si festeggiava la ricorrenza della festa della Repubblica italiana, doppiamente simbolica perché giunge in un momento dove si inizia ad intravedere la fine della crisi pandemica, si segnala, nuovamente, l’ennesimo abuso del governo egiziano ai danni dello studente dell’Alma Mater di Bologna, Patrick Zaki. Il ragazzo è detenuto da quasi 500 giorni per aver pubblicato dei post su Facebook ostili al regime dittatoriale di Abdel Fattah Al-Sisi, il quale in questo settennio ha ridotto al silenzio tutte quelle forme d’espressione che in un paese civile e libero sarebbero libere e indipendenti. Non così per l’Egitto, dove giornalisti, avvocati e magistrati, docenti e liberi pensatori ostili al regime, sono in carcere o sono stati costretti ad emigrare, nel peggiore dei casi, sono stati uccisi dai servizi segreti. Abdel Fattah Al-Sisi è uno dei dittatori di cui si ha bisogno, come direbbe il premier italiano Mario Draghi? Probabilmente sì, visto che l’Egitto, continua a essere un partner economico privilegiato nel mercato delle armi, con un flusso costante di scambi che non si è interrotto né dopo l’omicidio da parte dello stato egiziano del ricercatore Giulio Regeni (2016), torturato e mutilato, gettato in un fosso con l’accusa di essere una spia nemica, né dopo l’arresto di Patrick Zaki (2020) e nemmeno dopo la comparsa di un video falso e denigratorio messo in rete proprio dal governo fantoccio del Cairo per screditare la figura del ricercatore. L’ambasciatore italiano in Egitto vi è ritornato e lì risiede a monito dei buoni rapporti con uno stato dove le sparizioni sono all’ordine del giorno. Eppure il governo italiano aveva paventato la possibilità di conferire la cittadinanza italiana a Zaki per affrontare il muro di silenzio e violenza che l’Egitto riserva da mesi al ragazzo e alla sua famiglia. Ma dopo il clamore iniziale, a freddare gli animi ci ha pensato l’uomo dei miracoli, il premier voluto da tutti, Mario Draghi. Allo statista non interessano le questioni sociali, come dimostrato nelle recenti stragi nel Mediterraneo; se da una parte si è chiesto all’Europa un maggiore interesse nelle questioni transfrontaliere (anche se in maniera molto blanda), dall’altra non sono mancati gli apprezzamenti nei confronti del governo libico per il lavoro svolto nel contenere le partenze. E nella stessa misura si deve ragionare sulla mancata volontà di intervenire direttamente nel caso di Patrick Zaki. Ci si attiene alle regole, ferree e inamovibili della ragion di stato, e poi in fondo, come pensano le destre e lo stesso premier, sì Zaki è uno studente di una facoltà italiana, ma resta egiziano. E non è possibile immaginare una qualsiasi misura d’intervento, così com’è questo governo, impegnato a garantire ristori e assunzioni per la ripartenza mentre dall’altra parte del Mediterraneo ci sono uomini, donne e bambini che annegano, ricercatori che vengono torturati per giorni e studenti che sono incarcerati senza giusto processo. Il governo italiano è in crisi, gode di buona fama nei palazzi del potere perché lo stesso premier era parte di quei palazzi del potere, ma a livello internazionale è possibile per uno come Abdel Fattah Al-Sisi, un uomo che non ha né competenze né l’interesse di gestire uno stato, un militare che continua a strangolare e a gestire come un affare privato l’Egitto, come già fatto nemmeno troppi anni fa dal regime di Muhammad Hosni Sayyid Mubarak (1981-2011). Ebbene un governo del genere, che per sopravvivere deve produrre falsi documentari per infangare la memoria di un ricercatore, un ragazzo innocente ucciso per le turbe e le paure di un fantoccio a capo di un regime, che per avere credito deve costringere in carcere un altro studente per mesi senza un regolare processo, un tale sistema corrotto riesce non solo a dialogare con l’Italia con ottimi risultati ma incute così tanto timore a Roma ma non subire nessun tipo di azione né politica né legale.

Va segnalata la così grave e palese mancanza di cultura e attenzione da parte dei parlamentari italiani che alcuni di loro sono finiti nel video falso e denigratorio contro Giulio Regeni: parliamo dell’ex ministra della difesa Elisabetta Trenta e Maurizio Gasparri. A loro insaputa, non sapevano che subivano una vera e propria estorsione e distorsione di informazioni date a dei giornalisti che si sono accreditati come parte dello staff di Al Arabiyya e invece erano scherani del regime. Il tutto si svolge nel silenzio assoluto di Roma, con un governo prono a dittatori e lacchè di regime, con senatori eletti per servire la Repubblica che vanno a incensare dittature e personaggi sanguinari, per il bene superiore del quieto vivere e delle relazioni internazionali. Ma quanto ci costa essere amici dell’Arabia Saudita, dell’Egitto, della Libia?

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