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Resoconto di un anno di guerra, armi ed emergenza umanitaria, la vulnerabilità dei forti e deboli.

Di Federica Maganuco


Resoconto di un anno di guerra, armi ed emergenza umanitaria, la vulnerabilità dei forti e dei deboli.

A quasi un anno dall’invasione messa in atto dalle Forze Armate russe sul territorio ucraino, il conflitto prosegue senza margini per una possibile pace.

I “risultati” di questa terribile guerra non solo sono già evidenti da tempo, ma hanno causato diverse conseguenze sia sotto il profilo umanitario - con un pesante bilancio di perdite di vite umane e di quelle che sono fuggite dalla propria terra natia - sia dal punto di vista economico e politico, mediante gli shock economici e finanziari di notevole entità che hanno riguardato buona parte dei Paesi europei.

Uno degli aspetti che è stato, quasi per assurdo, sottovalutato in questo contesto è che da quando è iniziata la guerra, i russi non hanno mai effettivamente manifestato la volontà di porre fine agli scontri o di accedere ad un qualche negoziato, se non esclusivamente alle loro condizioni. Tutti i tentativi di incontro tra le delegazioni di entrambe le parti sono culminati nel deciso “no” di Mosca, il cui punto di partenza rimane fermo al riconoscimento delle proprie conquiste territoriali.

Ed infatti il conflitto, si sa bene con la “questione Donbass”, era in atto da anni.

Semmai il mondo intero ha assistito alla tramutazione della guerra civile ucraina-russa nel conflitto geopolitico mondiale che ormai ben conosciamo.

Dal punto di vista economico, diversamente da quello che si è creduto e sperato, la Russia ha saputo assestare il colpo. Nonostante nei primi giorni di guerra in Russia regnava il caos ed i più importanti investitori internazionali sono fuggiti in massa (con conseguente crollo della borsa e del rublo), si è piano piano assistito ad una piccola ma importante ripresa economica. Gradualmente lo scenario della Federazione Russa è cambiato e l’annessa produzione industriale è cresciuta sino al ritorno al valore che il rublo aveva nel 2015 rispetto al dollaro.

Quello che rattrista ancor di più è che sullo sfondo di questa ascesa al potere di ambedue le parti, purtroppo, continuano a morire tantissimi uomini: si stima un numero di oltre 100 mila vittime su entrambi i fronti. Ed è proprio per tale ragione che serve ancora testimoniare e parlare della guerra.

Infatti, la guerra non abbraccia solo l’argomento armi. In Ucraina si registrano anche diverse necessità legate alla domanda di salute della popolazione, considerato che sarebbero circa 10 milioni le persone affette da disturbi mentali anche gravi. Ed a questo si aggiunge l’ulteriore emergenza relativa alla riabilitazione necessaria per tutti coloro che sono rimasti feriti a causa del conflitto. Una persona su dieci, infatti, ha denunciato la difficoltà di accesso ai farmaci sia per mancanza di rifornimenti che per la distruzione di farmacie e dei servizi sanitari.

La guerra rende tutto e tutti vulnerabili, nessuno escluso.

Se vivere, come osservava Gramsci, significa “partecipare e non restare indifferenti”, allora è bene prendere posizione di fronte al sangue versato finora dai combattenti russi ed ucraini, di fronte alle macerie di Mariupol e ai bombardamenti sulle abitazioni civili.

E’ bene continuare a parlarne senza radicalizzare le identità e le posizioni, insistendo invece sulle prospettive di pace.

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