Di Kevin Gerry Cafà
Sono passati parecchi mesi da quella lunga e calda giornata di agosto, in cui il premier Giuseppe Conte decise di chiudere l'esperienza del governo giallo-verde. Ognuno di noi ricorda quella mano poggiata sulla spalla dell'ex ministro degli interni, galvanizzato dalla schiacciante vittoria ottenuta alle elezioni europee qualche settimana prima. Salvini, forte del suo risultato, decise allontanarsi lentamente dal governo, aprendo una nuova crisi all'interno dell'esecutivo. L'obiettivo erano i pieni poteri e la poltrona di Palazzo Chigi.
Nel suo intervento al Senato, il premier puntò il dito verso il ministro Salvini - seduto accanto a lui - accusandolo di aver danneggiato l'azione del governo. Sostanzialmente, si tratta della stessa critica mossa ieri sera dal premier nel corso del suo discorso alla nazione. La propaganda sulla presunta firma del governo italiano sull'attivazione del Meccanismo europeo di stabilità messa in piedi da Matteo Salvini e Giorgia Meloni, è stato un vero e proprio passo falso con possibili ricadute anche sulla credibilità dell'opposizione agli occhi del paese.
E' chiaro che In una democrazia, l'opposizione agisce come alternativa al governo in carica. Piero Calamandrei diceva che l'opposizione deve sentirsi sempre il centro vivo del parlamento con la sua forza propulsiva e rinnovatrice. Nell'azione intrapresa dalla Lega e Fratelli d'Italia non vi è nessuna traccia di questo due aspetti. Alto tradimento, traditori della patria e sfiducia: sono queste le parole entrate prepotentemente nel vocabolario dell'opposizione, indirizzate al premier Conte e il ministro dell'economia fin dall'inizio della pandemia. Vani tentativi di porre in stato d'accusa il governo, piuttosto che far quadrato attorno alle istituzioni come un grande paese sa fare.
La mano virtuale posta sulla spalla di Salvini segna la sconfitta dell'opposizione. Se è vero che il successo della maggioranza dipende dalla debolezza dell’opposizione, allora, il governo può navigare dritto pensando solo a come riportare il paese alla normalità.
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